Comunicato dalla Segreteria Nazionale FIM CISL.
La Fim Cisl giudica insufficienti i provvedimenti presi per fronteggiare la crisi economica e occupazionale.
Le risorse sono troppo al di sotto delle necessità, vengono sottratte da altri capitoli di spesa importanti per i territori in particolare del Sud, e le procedure attuative sono lente e rischiano di non riuscire a fronteggiare la prima vera emergenza occupazionale: il licenziamento dei lavoratori a termine con contratti prossimi alla scadenza. La crisi è grave ed è in gioco il posizionamento competitivo del nostro paese e il suo livello di benessere. Una crisi così impegnativa ha bisogno dell’impegno di tutti i grandi soggetti di rappresentanza del paese e di relazioni politiche e sindacali positive e costruttive.
La pesante crisi che coinvolge i lavoratori italiani meriterebbe altri e più incisivi provvedimenti delgoverno.
La crisi deve essere l’occasione per fare scelte coraggiose che, fermo restando le priorità occupazionali, sostengano anche un’idea di sviluppo che abbia al centro il valore e la qualità del lavoro e la sostenibilità sociale e ambientale della crescita.
Sono necessarie politiche di sostegno agli investimenti in innovazione e ricerca ed una più equa distribuzione della ricchezza che riduca le accresciute disuguaglianze di condizioni e di reddito nel lavoro e nella società.
C’è bisogno quindi di utilizzare la leva fiscale per ridurre la tassazione sul lavoro e sulle retribuzioni e per sostenere gli investimenti delle imprese.
Le risorse necessarie vanno ricercate nelle vasta area dell’evasione fiscale che ci sembra tutt’altro che scoraggiata. E’ inaccettabile che il Governo sia completamente latitante sulla lotta all’evasione fiscale per poi riproporre l’ennesimo intervento sulle pensioni per rastrellare soldi, e che inoltre imponga una legge delega di intervento sugli scioperi dei trasporti, di cui non se ne avvertiva certo l’urgenza. Riteniamo sbagliato l’uso della legge delega, sulla regolamentazione dello sciopero in quanto conferma la pretesa autoreferenzialità del Governo e rappresenta una vera e propria invasione di campo su una materia propria delle parti sociali. Nel merito ci sembra piuttosto discutibile la pretesa di dichiarazione di adesione individuale e la definizione di soglie di rappresentanza troppo alte per l’esercizio del diritto di sciopero.
Giudichiamo inoltre negativamente l’ipotesi di innalzamento obbligatorio a 65 anni dell’età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego. Tale ipotesi, dietro una formale operazione di equiparazioni di trattamenti pensionistici, non affronta in nessun modo il tema ben più macroscopico delle persistenti differenze e discriminazioni esistenti durante tutta la vita lavorativa delle donne.
Il problema è anche, e soprattutto un modo di procedere sbagliato del Governo.
Ha prima sottovalutato le dimensioni della crisi, poi ha cercato di occultarla parlando d’altro (intercettazioni, testamento biologico, ronde e nucleare) ed infine, su pressioni del sindacato e degli industriali ha preso provvedimenti spot sulla crisi, senza però alcun disegno organico di intervento sull’emergenza occupazionale e sulle politiche anticicliche di sviluppo.
La Fim Cisl esprime forte preoccupazione per le divisioni del sindacalismo confederale e per gli accentuati contrasti nel sindacato metalmeccanico. Abbiamo proposto a Fiom e Uilm di discutere e assumere iniziative unitarie sulla crisi, che in particolare sta colpendo duramente il nostro settore.
Siamo convinti di questa necessità e sosteniamo l’urgenza di una riforma della rappresentanza e la definizione di regole di democrazia che consentano ai sindacati confederali e alle categorie di decidere unitariamente anche in presenza di opinioni differenti. Nei rapporti unitari, c’è bisogno di questo, ma anche di una rinnovata disponibilità alla mediazione tra le diverse posizioni e che, in questa fase, alla Fiom e alla Cgil è mancata totalmente.
C’è bisogno di unità per fare pressioni e condizionare le scelte delle imprese e del governo ma anche e soprattutto per fare accordi che concretamente migliorino le condizioni del lavoro e dei lavoratori.
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