In un’intervista per Lettera 43, il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli, chiarisce la sua visione del mondo sindacale, spiegando in che direzione l’istituzione dovrebbe evolversi nel prossimo futuro.
Riflettendo sul carattere organizzativo del sindacato odierno, il leader delle tute blu lo definisce come “una brutta copia di quello degli anni ‘70, che allora aveva successo perchè c'erano poche ma grandissime fabbriche, comunità operaie che vivevano insieme anche per decenni”. “Oggi -prosegue Bentivogli- il lavoro si è frammentato: nessuno lo immaginerebbe, ma la provincia di Roma ha 90 mila metalmeccanici, solo che sono sparpagliati in aziende piccolissime e cambiano spesso lavoro. Non hanno possibilità di organizzarsi. Dobbiamo andare noi da loro. Il nuovo sindacalista deve essere un intercettore”.
“Fuori dalla fabbrica fordista, le strade da percorrere per intercettare i nuovi lavoratori sono due - suggerisce il leader Fim-: la bilateralità e la contrattazione territoriale. La prima consente, attraverso contratti collettivi, di portare misure di sostegno al reddito e di welfare anche in aziende di tre o quattro dipendenti. Lo abbiamo già sperimentato, con gli enti bilaterali dell'artigianato, secondo una forma organizzativa che è quella dei networker”. “La contrattazione territoriale, invece, unita a quella nazionale, riesce ad arrivare anche nelle imprese piccole e non sindacalizzate di una stessa area. Se faccio il contratto della filiera della Ict nella provincia di Roma, riesco ad arrivare a tutte le aziende che sono in quel territorio”.
Sempre per raggiungere l’obiettivo di intercettare i lavoratori “figli” del nuovo assetto del mercato del lavoro, Bentivogli suggerisce un cambiamento, alla radice, di modi e i contenuti della rappresentanza: “Bisogna accorpare le categorie, semplificare i contratti nazionali, ridurre il numero delle sigle sindacali”. Operazione che, precisa Bentivogli, è semplice “solo sulla carta, perchè accorpare significa tagliare le poltrone delle dirigenze sindacali e la resistenza ai vertici è fortissima”. Ma le difficoltà non spaventano il leader della Fim che si dice pronto, assieme al suo sindacato, a combattere diverse e impegnative battaglie: quella per “spostare il baricentro della nostra attività non deve essere negli apparati, ma nei luoghi di lavoro”, o quella per “introdurre il principio della rotazione stringente degli incarichi”, lasciando più spazio per il ricambio generazionale. “I giovani devono impadronirsi dei sindacati”, invoca Bentivogli.
E per compiere questo rinnovo, in chiave generazionale, del sindacato, è già pronto l’arsenale: “Noi entro quest'anno –spiega il leader della Fim- daremo vita a un'unica federazione dell'industria, che metterà insieme i metalmeccanici, i chimici, i tessili, l'energia, così come avviene nel mondo. Saremo i primi e gli unici a farlo”.
Oltre all’organizzazione, Bentivogli precisa anche qual è, per lui, il modo di fare sindacato, prendendo come modello ideale delle logiche di contrattazione quello della Fiat di Pomigliano: “i lavoratori della Fiat che oggi entrano in fabbrica non grazie a Marchionne ma agli accordi che la Fim ha fatto con Marchionne. E adesso –prosegue- Pomigliano è una fabbrica gioiello che vengono a studiare da tutto il mondo, altro che la favoletta della schiavitù”. Per fare un esempio, il sindacalista cita il caso del modello World Class Manufacturing (Wcm) che “ha fatto fare un salto di qualità al lavoro: su 5 mila lavoratori di Fiat che abbiamo intervistato con l'anonimato, di tutte le sigle, la maggioranza sostiene che con il Wcm il lavoro è più sicuro, pulito, efficace e organizzato. La sfida ora è la partecipazione dei lavoratori anche alle scelte strategiche dell'azienda”.
In quanto alla riforma del mercato del lavoro, Bentivogli precisa: “Ho sempre detto che l'articolo 18 è importantissimo, ma difendere solo quello fa perdere di vista la realtà. Quando si costruiscono le norme sul lavoro bisogna essere molto pragmatici e invece c'è tanta ideologia da un lato e propaganda dall'altro. Prendiamo il caso della Franco Tosi: la Fiom non ha appoggiato l'accordo e si è resa così responsabile dei 346 licenziamenti”. Senza usare mezzi termini, quindi, il leader della Fim ha aggiunto: “Non ha firmato perchè le assunzioni vengono fatte a tutele crescenti: tra il futuro dei lavoratori e la contesa con Renzi sul Jobs Act ha preferito la seconda”.
E in quanto al premier e al suo atteggiamento nei confronti del sindacato, Bentivogli ha dichiarato: “Purtroppo Renzi ha ascoltato più le lobby che noi. Lo spirito liberale con cui è stato fatta la riforma del lavoro io non l'ho visto sulla rendita”. “Non può essere così prudente con le caste –prosegue-, compresa quella dei giornalisti. È stato poco coraggioso nello sfoltimento delle tipologie contrattuali precarie, ha sbagliato sui licenziamenti collettivi che creeranno lavoro solo per avvocati e magistrati. Lo stesso dicasi per quelli disciplinari, errore madornale. E poi mancano le politiche attive per il lavoro, c'è troppa flex e poca security”.
“E poi ha senso una battaglia ideologica su una legge che già c'è oppure è meglio fare quello che stiamo facendo con la Fim e cioè una vertenza affinché in tutte le aziende i contratti a termine, interinali, precari, vengano trasformati in tempo indeterminato visto che ci sono gli sgravi contributivi? Al di là delle fesserie che si dicono nei talk show –conclude Bentivogli- vorrei vedere se un lavoratore precario non sceglie comunque un contratto a tutele crescenti”.