Giuseppe Raineri, rappresentante sindacale dello stabilimento di None (Torino), alla fine del corteo si ferma ad osservare dall’alto l’impero creato da Giovanni Borghi. È la prima volta che viene alla casa madre di Comerio ed è quasi rapito dall’immagine di quei capannoni che sembrano sospesi sul lago di Varese: «Guardando tutto questo, capisco quanto sia stata importante questa manifestazione. Qui si riuniscono tutti i significati di questa triste vertenza che apre un cambiamento epocale».
Andrea Cocco è arrivato da Fabriano (Ancona), altro luogo simbolo. È rimasto colpito dall’accoglienza dei colleghi di Varese e dall’organizzazione: «Oggi usciamo da qui con una certezza in più: questo piano industriale puo’ essere riequilibrato, i margini ci sono perché c’è una solidarietà vera tra i lavoratori del gruppo in tutta Italia».
Se la manifestazione nel cuore europeo di Whirlpool aveva come obiettivo principale quello di evitare una spaccatura tra nord e sud e tra impiegati e operai, l’obiettivo è stato pienamente raggiunto. I tre segretari generali dei sindacati dei metalmeccanici, Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm, hanno di fatto ribadito nei loro interventi che il tentativo della multinazionale di creare spaccature è di fatto fallito.
A certificarlo non sono solo i numeri importanti della manifestazione, quasi duemila persone, ma il mandato che i lavoratori, in particolare quelli di Varese, hanno dato ai sindacati di trattare proprio sui quei volumi di produzione aggiuntivi e previsti dagli investimenti della multinazionale (500 milioni di euro complessivi, di cui 65 milioni di euro su Cassinetta e Comerio) per “spalmarli” sugli stabilimenti che il piano industriale vorrebbe chiudere.
I sindacati non vogliono dunque “salvati” pagati con la moneta dei “sommersi” e Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom Cgil, parla di una missione che è stata sancita ufficialmente dalleassemblee di Cassinetta. «I lavoratori hanno capito che qui c’è una contraddizione – spiega Landini – perché questo piano prevede assunzioni a Varese e licenziamenti a Carinaro. Che razza di piano sarebbe mai questo?».
Sulle modalità per evitare le chiusure dei 4 stabilimenti previste dal piano industriale di Whirlpool, Rocco Palombella, segretario della Uilm, e Marco Bentivogli, segretario della Fim Cisl, concordano: bisogna riportare in Italia, i volumi prodotti all’estero, dalla Cina, dalla Turchia e dalla Polonia.
Martedì prossimo c’è il nuovo incontro al ministero dello sviluppo economico e il sindacato dei metalmeccanici è pronto a dare battaglia. «Adesso si fa sul serio – dice Marco Bentivogli – perché questo è un piano di guerra non un piano industriale. Questa vertenza è la parabola del capitalismo di seconda generazione, i cui effetti li vediamo tutti i giorni. A proposito, ho un messaggio per Andrea Merloni che abbiamo visto a Cannes mentre venivano annunciati gli esuberi: spero che le tartine e lo champagne ti vadano di traverso».
«Whirlpool ha scelto un terreno accidentato – conclude Rocco Palombella- perché ha cercato di dividere operai e impiegati, nord e sud. Prima ha parlato di piano di sviluppo e poi ci ha detto che avrebbe chiuso il sito di Carinaro. Ma la vera tristezza è che non ci hanno mai saputo dire il perché». Martedì se ne riparlerà.